Di fatto, in seguito alle controversie e all'acquisto gravoso dell'ellenica statua, lo Stato italiano nello stesso anno, 1909, promulgava le leggi relative alla proprietà pubblica dei ritrovamenti archeologici. Tentativo a suo tempo fatto da Clemente XII Corsini quando sentì la necessità di controllare e regolamentare le campagne di scavo, specialmente quelle del gran cardinale archeologo Alessandro Albani che, con Giovanni Gioacchino Winkelmann, aveva qui fissato la sua zona preferenziale, dopo essersi però impegnato a fare acquisto di quanto scoperto, per evitare la dispersione di un ingente patrimonio archeologico che rischiava di perdersi per l'Europa. La successione dei fatti che seguiranno riguarderà la decadenza della villa, l'abbandono, il saccheggio sia del parco che del palazzo: quando fu sede del comando tedesco, e nel periodo intercorso tra il trasferimento degli sfollati, quando lasciarono l'edificio perché dirottati ad Anzio Colonia (1960/61), e l'inizio dei lavori di consolidamento del 1967/68; per non parlare dei notevoli reperti scoperti nei giardini e presto trafugati durante la costruzione dell'ospedale militare. E' motivo di riflessione, e insieme, di orgoglio per Anzio, constatare che famose e potenti caste, come quella dei Corsini e degli Albani, abbiano scelto Porto d'Anzio come prima residenza di famiglia, le altre, quelle di Albano, di Castel Gandolfo e di Roma nacquero infatti in un secondo tempo. Gli inverni miti, il misterioso fascino che proveniva dalle sue rovine, la natura incontaminata e selvaggia, il mare, attirarono altri cardinali, papi, nobili che vi profusero le loro energie per fare bella Anzio, scrivendovi pagine di una storia aulica e altisonante.